Mountain Partnership

La Terra sta urlando: deve cambiare anche la moda

©CharlieQuezada-CoheteStudio

30/12/2024

Non è raro imbattersi nel gruppo folkloristico di un paese lontano, a Roma: città cosmopolita, capitale, centro del cattolicesimo, sede di ambasciate e residenza per numerose comunità che tengono alle proprie tradizioni. Ma la danza guatemalteca messa in scena al Palazzo della FAO l’11 dicembre scorso — Giornata Internazionale della Montagna — era più di un’esibizione di passi, musiche e costumi esotici.

Le vesti della tradizione e i coloratissimi aquiloni della cultura maya, indossati da donne, uomini e bambini impegnati nella danza, hanno incarnato un legame concreto, culturale ed economico con l'Italia. Infatti, in quell’occasione veniva presentato “Fashion for Fragile Ecosystem”, un progetto sostenuto dal Governo italiano e dalla Mountain Partnership, l'alleanza per lo sviluppo delle comunità e la protezione degli ambienti montani, fondata nel 2002 dall’ONU e ospitata presso la FAO.

Negli ultimi anni il progetto ha supportato comunità di artigiani in Perù, Kirghizistan e Guatemala, valorizzando tradizioni tessili portate avanti soprattutto dalle donne. Grazie al coinvolgimento di stilisti di fama internazionale, queste tradizioni hanno trovato visibilità sul mercato globale. La moda diventa così ambasciatrice di cultura e opportunità di sviluppo per comunità fragili, come quelle montane e insulari, spesso colpite da spopolamento e dagli effetti devastanti della crisi climatica.

Aree naturali mutate dal clima, risorse idriche scarseggianti, mari che si alzano o erodono le coste: tutto ciò spinge molti uomini a migrare, lasciando spesso alle donne il compito di mandare avanti la famiglia, la comunità e le tradizioni. Da qui nasce la “fragilità degli ecosistemi”, naturali ed umani, ma anche il potenziale per un modello di sviluppo etico, equo e sostenibile.

Per la fase più recente del progetto, la FAO ha coinvolto Vivia Ferragamo, designer ed erede di una delle maggiori dinastie della moda. Nel marzo scorso, la stilista ha viaggiato fino a Magdalena Milpas Altas, a duemila metri sulle montagne del Guatemala, dove ha incontrato donne impegnate nella produzione di vestiario e accessori di moda attraverso tecniche tradizionali. La produzione, organizzata dall’impresa sociale locale Wakami, fondata vent’anni fa da Maria Pacheco, sostiene il talento di queste donne offrendo loro opportunità di crescita oltre la mera sopravvivenza.

Vivia Ferragamo, come è stata coinvolta in questo viaggio in Guatemala?

“È successo tutto a marzo dell'anno scorso. Giorgio Grussu, responsabile della Mountain Partnership per questi progetti, mi ha contattato, e da lì è partito questo sogno condiviso. In questo momento fare moda in maniera sostenibile è una mia passione: non solo nei materiali, ma anche nel coinvolgimento delle persone. Abbiamo viaggiato in posti remoti tra le montagne per visitare comunità rurali dove vivono artigiani di incredibile creatività. La loro abilità è trasmessa di generazione in generazione, come un linguaggio, una cultura. È un bene condividere tutto questo anche nel nostro mondo, dove la creatività è empowerment.”

Il progetto è presentato anche come esempio di empowerment femminile. Come ha percepito il ruolo delle donne in quelle comunità?

“Sicuramente un po’ fragile, perché il loro lavoro è legato più che altro alla crescita dei bambini. Però tra loro ho percepito collaborazione, amore e creatività: un legame che si esprime attraverso il cucito. C’è molta bellezza, molto senso di comunità, appartenenza e condivisione.”

La moda italiana è tra le maggiori industrie del Paese. Che contributo può dare questa attività artigianale? Come può incontrare il mercato?

“È importante che ognuno di noi, creatori di moda, sia consapevole della storia e del messaggio dietro ogni creazione. Bisogna fare attenzione alla provenienza dei materiali, preservare la Natura e promuovere la sostenibilità. Non c’è bisogno di sprechi inutili; dobbiamo tornare a una maggiore artigianalità.”

Che materiali usano queste comunità?

“In Guatemala ho trovato una sostenibilità sorprendente. I materiali vengono tutti dalla natura: lana, cotone, chicchi di caffè, seta, banano e altre piante. Anche i colori sono naturali, estratti da fiori e dalla terra, senza inquinare.”

Questo modello si oppone alla fast fashion. Cosa ne pensa?

“Siamo tutti connessi, e questi messaggi stanno arrivando con sempre più forza anche ai colossi della fast fashion. Vedo un cambiamento: i grandi marchi stanno adottando materiali sostenibili, riciclano i loro capi e promuovono la trasformazione di abiti usati. Grazie alla FAO e ad altre organizzazioni, il messaggio si rafforza. La Terra sta urlando: dobbiamo assumerci la responsabilità. Artigiani come quelli del progetto ci insegnano molto, ed è un onore divulgare il loro messaggio.”

Written by Giuliano Giulianini

Source: L'Osservatore Romano