Raimondo Orlando (sopra) è uno dei numerosi artigiani italiani che si guadagnano da vivere con il corallo rosso e desiderano che questa preziosa risorsa sia protetta. ©FAO/Giuseppe Carotenuto
Doriano Belloni ha iniziato a esplorare le acque turchesi della Sardegna da bambino.
Pescare il corallo è diventata ben presto la sua passione nonché la sua fonte di sostentamento.
Ancora oggi, nonostante i suoi 70 anni, continua a immergersi ogni estate in cerca di questa gemma del Mediterraneo, lo spettacolare corallo rosso richiesto da clienti italiani e stranieri.
Doriano è il primo a riconoscere la necessità di tutelare il futuro del corallo rosso.
“Di questo lavoro viviamo: dobbiamo mantenere le nostre famiglie,” precisa Doriano. “È nel nostro interesse assicurarci che queste risorse siano preservate. Perciò noi non distruggiamo i coralli.”
Il corallo rosso è stata una merce di scambio preziosa fin dalla preistoria. Tracce di questo organismo dai colori vivaci sono state rinvenute nei siti archeologici di tutta Europa, dove per secoli è stato usato a scopo ornamentale religioso, per decorare sculture e per realizzare ornamenti e gioielli. Può avere una gamma di gradazioni che vanno dal rosa chiaro al rosso profondo e gli esemplari di più pregiata qualità possono valere fino a 6 000 dollari USA (5 000 EUR) al chilo.
Alcune preziose specie di coralli, compreso il corallo rosso, sono riconosciute come vulnerabili a causa di un insieme di pressioni tra cui l’aumento della temperatura dell’acqua, l’inquinamento marino e la raccolta incontrollata. Unitamente ai cambiamenti climatici, questi fattori minacciano la sopravvivenza nel lungo termine del corallo rosso e di molte altre specie acquatiche nei nostri mari e oceani sempre più fragili.
Gli oceani, che ricoprono il 70 percento della superficie terrestre, danno sostentamento all’uomo e a tutti gli organismi terrestri. Essi producono almeno il 50 pecento dell’ossigeno del pianeta e ospitano la maggior parte della biodiversità terrestre. Senza contare il fatto che 1 persona su 10 al mondo dipende dalla pesca e dall’acquacoltura per il proprio sostentamento.
Il corallo rosso è oggi considerato una specie vulnerabile a causa di una serie di pressioni, tra cui la raccolta incontrollata. Tramite la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo, la FAO sta collaborando con i governi nazionali per mantenere la pesca del corallo a livelli sostenibili. ©FAO/Giuseppe Carotenuto
Il Mediterraneo è soltanto una delle regioni in cui la FAO assiste i governi nazionali nella gestione e nella protezione sostenibili degli ambienti marini, contrastando al tempo stesso lo sfruttamento eccessivo dei coralli, dei pesci e di altre specie marine.
Attraverso la sezione regionale della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM), la FAO sta collaborando con l’Italia e altri paesi per migliorare il controllo e la sorveglianza della pesca, cercando al tempo stesso di mantenere la raccolta del corallo rosso a livelli sostenibili. Le misure di gestione adottate dalla CGPM sono concepite per garantire la sostenibilità della pesca del corallo rosso e la redditività delle attività dei pescatori, degli artigiani e di altri operatori del settore che dipendono da questa risorsa.
“Il problema non riguarda soltanto le comunità di pescatori di corallo, ma interessa generazioni di persone in qualche modo legate alla pesca, alla lavorazione e al commercio dei coralli. Dobbiamo sostenere tali comunità affinché questa risorsa rimanga sostenibile a lungo in futuro,” spiega Kim Friedman, Funzionario principale per le risorse della pesca presso la FAO.
Oltre ad assistere tutti i paesi del Mediterraneo e del Mar Nero affinché migliorino le proprie capacità di gestione della pesca e prendano decisioni che favoriscono la sostenibilità, la CGPM sta anche avviando una serie di programmi di ricerca, compreso un programma sul corallo rosso, per raccogliere informazioni sulle specie prioritarie e sta inoltre fornendo consulenza ai responsabili della gestione.
“Il corallo rosso fa parte di un ecosistema che comprende anche un insieme di persone e di tradizioni, un certo modo di pescare, le strategie con cui le colonie di corallo rispondono alla pesca, le tecniche usate dai corallari subacquei e il processo che si conclude con la vendita di questo prezioso prodotto ai consumatori finali,” osserva Friedman.
“Non possiamo limitarci a intervenire sul mercato o sulla sola risorsa naturale. Dobbiamo adottare una prospettiva ampia per capire come gestire tutta la filiera produttiva in maniera sostenibile.”
Il governo italiano si è già attivato in tal senso. Nel 2019, a fronte delle raccomandazioni della CGPM, l’Italia ha introdotto una nuova legge che stabilisce le zone in cui è consentita la raccolta del corallo e la durata del periodo di raccolta, pone limiti alla quantità giornaliera prelevabile e indica i porti designati per le operazioni di sbarco del corallo rosso. I risultati sarebbero già visibili, stando a quanto riferiscono i pescatori, poiché i banchi corallini del Mediterraneo si stanno rigenerando.
Il corallo rosso è parte integrante dell’identità di Torre del Greco. Gli abitanti di questa cittadina italiana venivano un tempo chiamati “corallini” grazie alla loro famosa manifattura di gioielli in corallo e cammei. ©FAO/Giuseppe Carotenuo
I “Corallini”
Gran parte del corallo raccolto in Sardegna viene trasportato a Torre del Greco, una cittadina a sud di Napoli, dove la lavorazione del corallo è così radicata nell’identità culturale locale che i suoi abitanti venivano un tempo chiamati “corallini”, proprio per la loro maestria nella lavorazione di questo prodotto. In questa località, a partire dal XVII secolo, generazioni di persone si sono guadagnate da vivere producendo gioielli in corallo e cammei.
L’Istituto di Istruzione Superiore “Francesco Degni”, che ha sede nella cittadina, è una delle poche scuole al mondo in cui un giovane può imparare a trasformare il corallo grezzo in eleganti gioielli e manufatti artistici.
“Torre del Greco ha sempre legato la propria economia al corallo,” spiega Ciro Mazza, uno degli insegnanti dell’Istituto. “La maggior parte dei nostri studenti proviene da famiglie che hanno il corallo e il tradizionale cammeo nel proprio DNA.”
Assocoral è un’associazione di categoria che rappresenta gli artigiani e i commercianti italiani e si prefigge l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di tutelare e promuovere il corallo. È una delle organizzazioni che ha collaborato con la FAO, la CGPM e il governo italiano per migliorare la gestione della pesca del corallo nel Mediterraneo. L’associazione sta inoltre cercando di far registrare la produzione di corallo di Torre del Greco nella lista del Patrimonio mondiale culturale dell’UNESCO.
Vincenzo Aucella, presidente di Assocoral, ha dichiarato, “La sostenibilità non è una considerazione a margine, bensì l’elemento fondante, primario, non soltanto nella lavorazione del corallo, ma per qualsiasi tipo di attività professionale.”
I ricercatori dell’Università di Cagliari stanno collaborando con i pescatori e altri operatori del settore per studiare le foreste di coralli, le modalità che consentono a queste colonie di reagire all’attività di prelievo e il loro impatto su altre specie.
Secondo Alessandro Cau, Assistente universitario in Ecologia marina presso l’Università degli Studi di Cagliari, i dati attuali confermano che la pesca del corallo in Italia è sostenibile. Il ricercatore è convinto che la Sardegna offra un modello esemplare per l’elaborazione di un piano di gestione unificato per tutta l’area mediterranea.
Il corallo rosso è soltanto una delle numerose risorse preziose dei nostri ambienti marini, estremamente importante non soltanto per la salute degli ecosistemi ma anche per le persone che ne hanno fatto una fonte di sostentamento. La FAO punta a preservare sia le risorse marine sia i mezzi di sussistenza della popolazione attraverso l’adozione di buone prassi e la collaborazione con i principali interlocutori del settore della pesca.
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